di Caterina Civallero
“Io non ho mai visto un albero scontento.
Essi si aggrappano al terreno come se gli piacesse,
e sebbene ben radicati, viaggiano tanto lontano quanto noi.
Vanno vagando in tutte le direzioni con ogni vento,
andando e venendo come noi stessi, viaggiando con noi
attorno al sole per due milioni di miglia al giorno,
e attraverso lo spazio, il cielo solo sa quanto velocemente e lontano!”
John Muir
“Ero solo uscito a fare due passi, ma alla fine decisi di restare fuori fino al tramonto, perché uscire, come avevo scoperto, in realtà voleva dire entrare”.
John Muir, ingegnere, naturalista scrittore scozzese naturalizzato statunitense, fu uno dei primi conservazionisti moderni che iniziò, a partire dal 1876, ad esortare il governo federale all’adozione di una politica di salvaguardia delle foreste. Pubblicò diversi articoli su riviste popolari per sensibilizzare il sistema, nel 1892 fondò “Sierra Club” la più antica e grande organizzazione ambientale degli Stati Uniti e ne fu il primo presidente. Fu responsabile delle più grandi azioni svolte per la creazione dei Sequoia e Yosemite National Park, due fra i più grandi e apprezzati parchi nazionali mondiali.
Fu sotto un albero vicino alla North Hall nel Wisconsin-Madison, all’epoca dell’università, che Muir apprese i primi rudimenti di botanica: uno studente colse un fiore dall’albero e lo usò per spiegare come il fiore facesse parte di quell’albero che a sua volta faceva parte di una particolare specie di albero.
Cinquanta anni più tardi John Muir descrisse quel giorno nella sua autobiografia. “Questa lezione mi affascinò e mi spinse a volare attraverso i boschi e le foreste con entusiasmo estremo”. Spese la sua vita alla ricerca del luogo perfetto in cui vivere e la sua audacia e coraggio gli valsero i successi che ancora oggi tengono vivo il suo nome. Nel silenzio delle sue passeggiate, vere e proprie esplorazioni boschive, dava vita ad un sogno che presto sarebbe diventato patrimonio dell’umanità.
Nei suoi incubi sognava spesso che la montagna sotto di lui franasse, la sua relazione con la montagna era epidermica, dialogava con gli alberi che amava scalare, inseguiva lo spostamento dei temporali descrivendo ogni nuvola che passava sopra la sua testa, era innamorato dello Yosemite che divenne nel 1864 il primo parco istituito, il primo nella storia del pianeta, grazie ad una legge firmata dal 16° presidente degli Stati Uniti Abramo Lincoln.
Di carattere volitivo deciso e diretto fu capace di convincere il presidente Theodore Roosevelt a campeggiare nel 1903 a Yosemite, per toccare con mano ciò che desiderava dimostrare al mondo: salvaguardare la presenza l’esistenza e la riproduzione degli esemplari di sequoia fra i più belli al mondo.
Il risultato di quella “gita” prese corpo tre anni più tardi, nel 1906, con la firma della legge che tutelava Yosemite e il Mariposa Grove, il bosco di sequoie millenarie a sud della valle, trasformando il parco da statale a nazionale. I primi semi della conquista furono descritti dal giovane Muir nella sua prima estate del 1869. Ma pochi sanno cosa accadde realmente fra questi due grandi uomini in quei giorni rivoluzionari. La storia, ufficialmente, sa che Muir fu grande amico dell’uomo che dal 14 settembre 1901 al 4 marzo 1909 fu il 26° presidente degli Stati uniti, il famoso Theodore Roosevelt jr, detto Teddy. Premio nobel per la pace nel 1906, il giovane Theodore, che da bambino soffriva di frequenti attacchi d’asma e che poi divenne presidente all’età di 42 anni, ancora oggi è la persona più giovane ad aver ricoperto la carica di presidente degli Stati Uniti.
La storia della sua vita ha dell’incredibile, le sincronicità che lo misero a dura prova quando era poco più che un ragazzo, lasciarono un segno indelebile nella sua personalità e contribuirono a renderlo uno dei presidenti più ricordati: il suo busto in pietra di fatto campeggia sul monte Rushmore insieme agli altri tre presidenti George Washington, Thomas Jefferson e Abraham Lincoln.
Quando aveva 25 anni, era il 1883, sposo da soli tre anni di Alice Hatway Lee attivista statunitense, la quale soffriva di una grave insufficienza renale (morbo di Bright) che non fu diagnosticata durante la gravidanza, Theodore visse una delle esperienze più atroci che la vita possa tenere in serbo per un giovane di quell’età: Alice Hataway morì due giorni dopo il parto, nel giorno di San Valentino, dopo aver dato alla luce Alice Roosevelt (12 febbraio 1884- 20 febbraio 1980), e la madre di Theodor, Martha Bulloch detta Mittie, morì di febbre tifoide alle 3 del mattino dello stesso giorno. Il tutto accadde, incredibile a credersi, nella tessa casa 6 West 57th Street, New York; Alice Hataway Lee era nata il 29 luglio 1861. La piccola sfortunata Alice fu cresciuta dalla zia Anna Roosevelt, la sorella più vecchia di Theodore.
Nel suo diario, Theodore Roosevelt scrisse una grande ‘X’ sulla pagina e poi: “La luce è uscita dalla mia vita”. Per il resto della sua vita, Roosevelt non parlò mai di sua moglie Alice, né pubblicamente né privatamente, e non scrisse di lei nella sua autobiografia e non fece menzione nemmeno della sua seconda sposa Edith Hermith Carow, sua amica fin dall’infanzia (si sposarono il 2 dicembre 1886).
Edith Hermith Carow, nata il 6 agosto 1861 e deceduta il 30 settembre 1948, gli diede cinque figli:
- Theodore Jr. 13 settembre 1887- 12 luglio 1944,
- Kermit 10 ottobre 1889 -4 giugno 1943,
- Ethel Carow 13 agosto 1891- 10 dicembre 1977,
- Archibald Bulloch “Archie” 10 aprile 1894- 13 ottobre 1979, e
- Quentin 19 novembre 1897- 14 luglio 1918 (morto a 20 anni in Francia durante un’incursione aerea).
Louisa Wanda Strentzel, la moglie di John Miur, nata il 6 luglio 1847 (la madre di Theodore, Martha, era nata l’8 luglio 1835) e deceduta il 6 agosto del 1849 (la seconda moglie di Theodore nasce il 6 agosto) gli diede due figlie:
- Wanda Muir Hanna nata il 25 marzo 1881 e morta il 29 luglio (stessa data di nascita della moglie di Roosevelt, sia mese che giorno) del 1942 e
- Helen Muir Funk nata il 23 gennaio 1886 e morta il 7 giugno 1964 nella stessa settimana in cui morì Kermit Roosevelt).
Theodore nacque il 27 ottobre 1858 e morì il 6 gennaio 1919.
John nacque il 21 aprile 1838 e morì il 24 dicembre 1914.
Il motivo per cui riporto le date di nascita e di morte è frutto della mia deformazione professionale in merito alle ricerche psicogenealogiche e alle sindromi da anniversario eventi così nominati dalla dottoressa russa naturalizzata francese Anne Ancelin Schutzemberger che afferma nel suo libro La sindrome degli antenati, Di Renzo, Roma 2004, pag. 179: “l’essere umano ha una memoria da elefante e gli usi e costumi matrimoniali, numero dei figli e spesso età dei decessi nonché la scelta della professione si ritrasmettono di generazione in generazione (..) è solo da poco tempo, una ventina di anni che è stata segnalata l’importanza della sindrome di anniversario in quanto manifestazione e spiegazione degli incidenti di macchina ripetuti, delle conseguenze dei traumi di guerra sui discendenti e di alcune malattie (…) si tratta dunque di un aspetto psicosomatico (…) ci domandiamo, ancora una volta, come avviene questa trasmissione trans generazionale inconscia e involontaria che sottolinea determinati periodi e determinate date familiari storiche, ravvivate spesso da anniversari e commemorazioni”.
Secondo la Schutzemberger la data analizzata deve rientrare entro i sette giorni rispetto alla data in riferimento, e ci si riferisce a mese e giorno.
L’anno di nascita in comune segnala la nascita dei bambini in sostituzione, e differenze di cento anni rispetto alle date degli anni di nascita le sindromi da centenario.
“I cosiddetti figli sostitutivi: bambini concepiti per rimpiazzare un figlio o un parente morto recentemente e che spesso portano il nome del nome del morto o nascono nell’anniversario della sua morte, senza che il lutto sia stato elaborato. “Anne Ancelin Schutzemberger” La sindrome degli antenati, Di Renzo, Roma 2004, pag. 147-148.
In merito a queste tesi, normalmente riferite ai consanguinei e tema trattato nella rappresentazione psicogenealogica del proprio albero familiare, non ho potuto evitare di notare che Muir e Roosevelt (e mi riferisco al primo matrimonio di Theodore) si sposarono nello stesso anno, nel 1880: all’epoca non si conoscevano ancora.
Certamente potrebbe sembrare una semplice coincidenza, ma è interessante analizzare il confronto degli alberi genealogici di John e Theodore, due persone le cui date commemorative importanti si ripetono e si susseguono. Le date riportate, che servono a mostrare ai più curiosi le coincidenze, mostrano combinazioni che sembrano scritte a tavolino.
Offrendo una delle tante spiegazioni possibili a queste sincronicità si potrebbe ipotizzare che a legare le vite di questi due uomini attraverso un’amicizia straordinaria, direi gemellare, siano state proprio le analogie e le somiglianze dei loro destini.
Le date che si ripetono nella famiglia di Theodore e di John agiscono da specchio e confermano, rafforzandola, un’amicizia destinata a rimanere nella storia.
L’AMICIZIA FRA THEODORE E JOHN
Come anticipavo sopra, nel 1903 John Muir accompagnò il Presidente Theodore Roosevelt in una visita al parco; Muir incontrò il Presidente a Oakland (in California) per poi raggiungere assieme in treno Raymond, in California.
Il Presidente, durante il viaggio insieme al suo entourage, apprese da Muir dettagli precisi rispetto alla condotta sviata dello stato della California per quanto riguardava la salvaguardia della valle e dello sfruttamento indiscriminato delle sue risorse.
Muir affascinò il Presidente con i suoi racconti minuziosi sulla natura, i suoi equilibri e sulla sincera necessità di voler proteggere la valle: secondo Muir questo desiderio si sarebbe potuto realizzare unicamente permettendo il controllo del parco alla giurisdizione federale.
Lo splendore della valle giocò sicuramente un ruolo principe sull’animo delicato e passionale di Theodore Roosevelt. La realtà di Yosemite fu vissuta in totale condivisone. I due uomini che divennero grandi amici si accamparono trascorrendo quella che per Roosevelt venne definita una delle notti più indimenticabili della sua vita; parlarono seduti intorno al fuoco alla brezza della sera e quando si risvegliarono la mattina ebbero la sorpresa di una magica spolverata di neve.
Una notte magica, un risveglio da fiaba, l’empatia che nasce soltanto da similitudini e predisposizioni karmiche, grandi progetti e l’intenzione di realizzali hanno catalizzato una ricetta alchemica che ancor oggi pulsa tenendo vivo il respiro del nostro pianeta.
CATERINA CIVALLERO saggista e scrittrice
Esperta in nutrizione e psicogenealogia junghiana, come autrice ha all’attivo la pubblicazione di 17 libri: organizza corsi, seminari e sessioni individuali e di gruppo per lo sviluppo dell’autogestione consapevole.