Scrivere di alimentazione è un compito molto complesso e delicato e poiché adoro le imprese audaci che richiedono attenzione e premura, mi dedico, con competenza acquisita di giorno in giorno, a illustrare alcune curiosità utili per comprendere meglio come funziona il corpo umano quando riusciamo a gestire con saggezza la nostra nutrizione. Questo in buona sostanza è il motivo per cui ho deciso di intraprendere un appassionato viaggio nell’intricato mondo della nutrizione, arrivando a pubblicare il libro Un sorso e un morso, consapevole che fra le sue pagine siano impigliati gli accenni di campi contingenti quali la salute, la bellezza, il fitness, la psicologia e la psicogenealogia, solo per citarne alcuni.

Mordere e sorseggiare sono gesti antichi legati alla sopravvivenza e questo tema mi attrae da sempre.

Guadagnarsi il boccone, afferrarlo con i denti, tritarlo e deglutirlo, sono azioni che descrivono biologicamente la verace natura umana la quale per guadagnarsi il diritto di vivere deve saper portare la vita stessa verso la bocca e sbranarla. Sorseggiare rende la scena che ho appena descritto meno feroce ma sottolinea l’importanza di far scorrere attraverso la gola la linfa che ci sostiene, che in primis è l’acqua.

Acqua e cibo, in ogni forma possibile e con le similitudini del caso, restano i basilari elementi di sostentamento e, benché siano preziosi quanto l’aria che respiriamo, acquisiscono per simbologia un’importanza che racconta tutta la storia che la nostra famiglia di origine ha attraversato nel tempo fino a noi.

Hai mai notato che, indipendentemente dalle individuali condizioni economiche, alcune persone dopo aver consumato il pasto ripuliscono il piatto con il pane, lasciandolo lustro come fosse pulito? Altri lasciano sempre un boccone da parte, o un sorso di caffè o tisana in fondo alla tazza, come fosse segno di avidità restituire la stoviglia vuota.

È paradossale notare come entrambi i comportamenti descritti agiscano per scongiurare la scortesia: nell’atteggiamento scelto per approcciarci al cibo ci deve essere quindi un significato personale che ognuno di noi gli attribuisce a seconda dell’educazione ricevuta.

Quasi ogni anno il manuale del Bon Ton viene riscritto, e le regole che erano valide fino all’anno prima decadono brutalmente lasciando i malinformati a perpetrare gesti divenuti obsoleti. Ciò che è fine e chic oggi diventa una cafoneria domani e ci si ritrova ad augurare buon appetito anche quando non si usa più.

Non dissimili sono le abitudini nutrizionali: un anno va di moda eliminare dalla propria tavola qualunque alimento fermentato, e l’anno dopo l’uscita dall’Olimpo spetta rispettivamente ai latticini o al glutine, e poi alle farine bianche e al saccarosio. Ogni anno assistiamo alla scomunica di un alimento in favore della proclamazione di qualcosa di nuovo che viene riesumato dalle antiche tradizioni popolari o dalle ricette di altri continenti.

Noi utenti siamo disorientati dalle virate di un mercato alimentare che gareggia in cerca di vittoria: le diverse marche si fanno guerra per accaparrarsi nuova clientela e ci propinano cibi sempre più zuccherati. Diffida da dociumi che hanno lo zucchero come primo ingrediente, anche se sono vegani!!!

Tutto fa bene e tutto fa male. C’è confusione, incoerenza. Districarsi non è semplice.

Bio, integrale, senza zucchero, senza zuccheri aggiunti, senza grassi idrogenati, senza solfiti, senza olio di palma, sembrano avvertimenti più che rassicurazioni. Queste precisazioni ci informano che fino al giorno prima della comparsa della nuova dicitura in etichetta quella data sostanza era presente nell’alimento e per di più era consentita. Il consumatore attento si sente sbeffeggiato e a gettare la spugna ci vuole un attimo.

Fare la spesa sembra un videogioco realizzato su un campo minato: se non leggi con cura “sei fritto”, se non stai attento mangi veleni e, mettici pure la buona volontà di far prevenzione, se devi stare accorto anche sulla qualità del pane quotidiano che porti in tavola tutto diventa utopico, imbarazzante, per non dire ridicolo.

Pertanto, il mio libro vuole informare e offrire pratiche soluzioni che possono essere ironiche o scientifiche a seconda dei casi. Mi muovo fra i capitoli senza avere l’ardire di conoscere tutto ma mettendo a disposizione la mia esperienza quarantennale sul tema. Da quando mi sono iscritta all’Istituto per Econome Dietiste ho avuto a cuore di esplorare e conoscere il più possibile il delicato mondo che lega saldamente il cibo alla salute; essere nata in una famiglia che lavorava nel campo del benessere mi ha favorita e gli anni successivi, dedicati ad approfondire la materia senza sosta, mi hanno arricchita e profondamente cambiata.

Senza leziosità ma con competenza mi esporrò suggerendo punti di osservazione nuovi, e mi auguro piacevoli, per apprezzare le virtù del cibo e la piacevolezza di consumarlo in compagnia restando in forma, per quanto possibile nel pieno rispetto delle esigenze personali e dei propri gusti.

Il mio libro è inadatto a chi desidera trasformarsi in velina o tronista, modellati dalla ginnastica e dal digiuno, ma renderà più gradevole l’approccio al meraviglioso mondo della nutrizione e a tutte le sue fantastiche interpretazioni.

Lo scrittore Isaac Asimov cita: “la prima legge della dietetica: se ha un buon sapore non è per te”, mentre il filosofo Ralph Waldo Emerson sostiene: “È una superstizione insistere su una dieta particolare. Tutto alla fine è fatto degli stessi atomi chimici”.

Con queste entrees inizia il mio appassionato discorso alimentare che serve nel piatto ipotesi deliziose e piacevoli.

Trovi il libro su Amazon in formato cartaceo e E-Book; è gratuito per chi è iscritto a Kindle Unlimited.

Qui trovi l’anteprima. Buona lettura

Leggi anche il mio precedente articolo intitolato Il peso giusto il giusto peso

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CATERINA CIVALLERO saggista e scrittrice

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